Dopo una lunga assenza, riprendiamo il filo del discorso sullo stato dellIrpinia e della Campania, sulle ragioni del malessere e della progressiva decadenza, e del perché la politica continua a percorrere i binari di sempre incurante dei segnali, seppur timidi, che si avvertono anche da noi, creando crepe che cominciano a scuotere un sistema di potere che ci si sforza di continuare a tenere blindato. Nel resto dItalia i segnali dellantipolitica dilagante, della sfiducia verso la “casta” ma anche la voglia di partecipare di una massa crescente di cittadini, scendendo nelle piazze o andando a votare nel referendum indetto dai Sindacati o nelle primarie del partito democratico esprimendo la volontà di un cambiamento non più prorogabile, inducono la classe politica più avveduta e lungimirante a serie riflessioni e a predisporre anticorpi dei quali la stessa costituzione del partito nuovo ne è lesempio più importante. Da noi, invece, ci si asserraglia nei fortini alla strenua difesa di una politica che non riesce più a dare risposte soddisfacenti ai problemi della gente. E la nascita del nuovo partito, pone alla luce, in misura evidentissima, gli stessi difetti di prima, se si può, addirittura accresciuti. E lIrpinia detiene il primato della resistenza della vecchia politica e dei vecchi notabili. Quando, dopo una più o meno lunga permanenza nord, si rimette piede nellaeroporto di Capodichino o si arriva alla stazione centrale la diversità con Milano appare evidente al primo impatto. Assume addirittura una connotazione fisica. Quando, poi, cominci a percorrere le strade e a districarti tra i cumuli dimmondizia, allora ti accorgi di essere proprio arrivato a casa! Non che a Milano o nel resto dellItalia centro-settentrionale la politica sia, tutto sommato, rivolta allesclusivo servizio del cittadino e non si notino le differenze di classe o il malessere diffuso, ma si percepisce anche una migliore efficienza dei servizi, un migliore funzionamento dellapparato pubblico, un maggiore rispetto delle regole e soprattutto una non rassegnata assuefazione ad un modello imposto o peggio ai soprusi dei signori del vapore! Le cose, insomma, funzionano un po meglio e la classe dirigente e politica, risponde un po di più delle proprie azioni e dei propri comportamenti . Per dirla in breve, in Lombardia o in Piemonte o in Toscana non sarebbe stato possibile una “cazzata” tipo lultima di quel dirigente della Regione Campania che “invita” i suoi “dipendenti” a partecipare, naturalmente a spese della Regione (si raccomanda solo di non esagerare: quattro per macchina!) ad un comizio del Governatore Bassolino e dellassessore De Luca in occasione delle primarie del partito democratico! A Milano Formigoni non riuscirebbe mai a portarsi dietro 5.000 persone come avviene in Irpinia, quando De Mita va a chiudere la festa nazionale della Margherita a Salerno! Ed è davvero difficile vedere per televisione sempre le solite facce dei soliti noti che seguono il politico di turno nelle sue uscite pubbliche! In altre parti dItalia sarebbe più difficile scorgere il clientelismo che da noi è palpabile con mano, tanto è diffuso! Sarebbe più difficile scorgere il servilismo, che pure cè, ma che da noi è dilagante e generalizzato e, persino, ostentato. Rappresenta laltra faccia della medaglia, ed è contestuale ad una realtà che fa della gestione del potere un elemento insostituibile dello stesso modo di far politica. Un servilismo che è nei fatti come modo di essere di un comportamento dovuto e che spesso finisce per divenire persino un sentimento o uno stato danimo! Non si spiega lepisodio dell”invito” al comizio, simile a tanti altri del passato e del presente, con un colpo di sole o un improvviso impazzimento se non lo si contestualizza in una situazione di sostanziale assuefazione di una classe dirigente al sistema di potere ormai storicizzato. In nessuna regione o provincia italiana si è assistito allo spettacolo, davvero indecente, della guerra per bande, della mobilitazione delle istituzioni a qualunque livello, dellattivismo senza soste dei signori delle tessere e degli apparati, del giro dei notabili, e della vergogna di scrutini ancora da definire a cinque giorni dalle votazioni! Eppure è quanto sta ancora avvenendo alla faccia del nuovo partito democratico che, tutti dicono che dovrà essere un partito nuovo e che solo da noi nasce già morto! Eppure laltissima affluenza alle urne è una risposta allantipolitica che va correttamente intesa non nel segno del vaffa… ma nel desiderio di avere unaltra politica, più seria, meno appiattita nella gestione del potere e più rispondente ala nuova realtà sociale. Siamo in un nuovo millennio, assistiamo, nel resto dItalia, al tentativo di non pochi politici, di cambiare strada, di inaugurare una discontinuità che passi anche attraverso volti nuovi e comportamenti trasparenti, e da noi sono ancora i vecchi notabili a continuare a voler tenere in pugno una situazione che, grazie a Dio, comincia a sfuggire dalle mani. Le ultime elezioni, quando si sarà, finalmente, concluso uno spoglio che, per carità di patria, è meglio non aggettivare, e si faranno le prime analisi del voto, ci si accorgerà che Bassolino e De Mita hanno fatto il loro tempo ed è ora di cambiare. Non si può essere buoni per tutte le stagioni! Cominciano a perdere colpi e, con tutto luso pesante delle leve del potere, hanno contro la metà del partito. Volti nuovi si affacciano allorizzonte nonostante le difficoltà, lostruzionismo che ha penalizzato le liste della Bindi e di Letta. Un po daria nuova che comincia a soffiare anche da noi. Resta lIrpinia, ove la lista di De Mita prende oltre il 70%, lultima spiaggia di un potere che non vuol mollare. E rimasta la Vandea italiana. Per andare avanti e cominciare il lento cammino del ricongiungimento al resto dItalia occorre che tutti ci tiriamo su le maniche e che si vada avanti, portando ciascuno un sassolino alla costruzione di un avvenire migliore senza continuare ad affidarsi ai capipopolo di turno o agli inviati della Provvidenza! Davvero di loro non si ha più bisogno! La buona politica si deve esigere mediante una partecipazione non solo al voto ma anche con un controllo vigile e una presa di coscienza sui propri diritti e inoltre con una maggiore assunzione di responsabilità collettiva. Nella convinzione che siamo noi, e solo noi, gli artefici del nostro futuro. Nino Lanzetta
Venerdì, 19 ottobre 2007
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