Sollecitato da più parti, ho raccolto le note che sto pubblicando in questo forum, per farne una pubblicazione organica, per i tipi della casa Editrice "Paruzzo Printer" Caltanissetta. Lintero lavoro sarà anche pubblicato in questo sito; per eventuali utilizzi, si prega di citare la fonte. Rosario Amico Roxas
Voci vecchie e antistoriche coniarono per Paolo VI il soprannome di Papa comunista, perché aveva voluto andare oltre linterpretazione di un Vangelo consolatorio e aveva voluto calare nellattualità il Verbo della universalità e della uguaglianza di tutti gli uomini non solo davanti a Dio, (sarebbe stato un discorso limitato al mondo dei credenti), ma identificando tale uguaglianza nellintima natura delluomo, senza distinzioni di razza, cultura, qualità della vita, sviluppo tecnologico o religione: un discorso cattolico e, quindi, universale. Nel rigurgito di un anticomunismo antistorico e di propaganda che ci sta martellando in questi anni, che hanno superato il 2000, risulta molto evidente la ragione per la quale Paolo VI, con la Sua Populorum Progressio, sia stato messo da parte, con la segreta speranza che fosse anche dimenticato. Altre ragioni motivano il silenzio intorno alla P.P., particolarmente in questi ultimi anni dopo il 2000, queste ragioni vanno ricercate nei temi dottrinali contenuti nel documento pontificio; tali temi non sono tutti preesistenti alla P.P., alcuni vennero solamente ampliati, mentre altri rappresentarono una novità dottrinale caratteristica del tempo e profetica dei tempi futuri, come possiamo oggi ben constatare. Lelemento di maggior rilievo che oggi colpisce e condanna il metodo socio-politico dellOccidente, è rappresentato dalla condanna esplicita dei principi del liberismo economico.
• I diritti di proprietà e di libero commercio non sono assoluti, ma subordinati alla regola della giustizia, che è inseparabile dalla solidarietà (PP n. 22, 23, 58). • E unesigenza la espropriazione dei beni non utilizzati con sufficiente socialità (PP n. 24). • Non sarà mai sufficiente la condanna del capitalismo senza freno , della concorrenza come legge suprema delleconomia e del profitto come motore essenziale del progresso economico (PP n. 26).
Questa condanna non è nuova, poiché è connaturata con tutta la polemica antiliberale, che, sviluppata a oltranza, ha indotto settori interessati della politica mondiale imperniata sul capitalismo, ad usare nei confronti del pensiero sociale della PP la qualifica equivoca di "socialismo cristiano", che si affianca al "cristianesimo sociale". Parallelamente alla condanna del neo-liberismo produttore del capitalismo monopolistico, altri temi vennero sviluppati seguendo levoluzione dei tempi, giungendo a momenti di vera profezia: unanalisi anche superficiale dei tempi attuali documenta la lungimiranza di Paolo VI. I temi ampliati e sviluppati sono quelli inerenti i principi di etica sociale nei rapporti tra individui (ricchi e poveri) o tra classi (datori di lavoro e lavoratori); nella PP questi stessi principi vengono estesi alla urgenza etico-giuridica dei rapporti tra popoli; la divisione del pianeta in Nord (ricco e sprecone) e Sud (arretrato tecnologicamente e vivente sotto i limiti della dignità della vita) è lopposto di quanto Paolo VI auspicava e che ha lungamente predicato.
• Nella Rerum Novarum il Pontefice Leone XIII aveva ritenuto insufficiente il libero consenso delle parti nella stipula dei contratti di lavoro, in quanto tali contratti devono rispondere ai criteri di giustizia obiettiva (PP n. 27). • Con la dilatazione delle tematiche a livello planetario Paolo VI estese lo stesso concetto anche ai contratti stipulati fra popoli, per tutelare lequità a favore dei più deboli (PP. N.29)
Luso esclusivo dei beni, condannato già per lindividuo negando al diritto di proprietà privata ogni valore assoluto in tutta la tradizionale dottrina della Chiesa, non è ammissibile neppure per i popoli.
• Nessun popolo può pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone, si afferma con chiarezza nella PP, che si richiama allo stesso principio sostenuto dal Concilio Ecumenico Vaticano II (PP n. 48). • Sulla stessa via si continua con la valutazione riguardante il superfluo: il dovere che lindividuo ha di riversare sugli altri i beni che superano il proprio bisogno; nella PP diventa un dovere anche per i popoli ricchi nei confronti di quelli poveri (PP n. 49). • Il riferimento della PP al Concilio si collega al concetto di superfluo già indicato da Papa Giovanni XXIII e riportato in nota nella Gaudium et Spes: considerare il superfluo con la misura della necessità altrui (Gaudium et Spes n. 69, nota 10). • La programmazione viene indicata come la via più corretta per facilitare lintervento dei poteri pubblici nel coordinare le iniziative personali nel campo della solidarietà (Mater et Magistra, n. 19, 20, 21). • Così tecnicamente precisata, la programmazione venne rinforzata nella sua validità operativa e proposta sulla via della liberazione delluomo dalle sue servitù materiali (PP n. 33, 34, 50)
Su questo insieme di elementi dottrinali rielaborati e amplificati si innestò una dimensione nuova e originale, da sociale interpersonale e interclassista a sociale internazionale e universale. E certo che non si può affermare che la PP si sia fatta prendere la mano da una visione economicistica della vita; basta dire che il problema fu affrontato come una delle componenti economico-morali dello sviluppo dellumanità, questo dato concorre ad attribuire alla PP quel volto di modernità e di attualità che si rinnova e riesce anche a diventare profetico.
Mercoledì, 03 ottobre 2007
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