Dottrina sociale
L’enciclica paolina e il neo-liberismo

di Rosario Amico Roxas

" Ancora il pontefice Paolo VI e l’enciclica Populorum Progressio, che è stata troppo presto dimenticata, mentre rappresenta la più alta espressione dello sviluppo del Magistero Sociale della Chiesa, che troverà il suo perfezionamento nella Sociologia del Nuovo Umanesimo di Giovanni Paolo II, con le parole e con le azioni.


Faccio seguito alla precedente nota sulla Populorum Progressio e il pensiero marxista, con la presente:

L’enciclica paolina e il neo-liberismo.


Il liberalismo che sostiene il profitto, la concorrenza, la proprietà privata degli strumenti di produzione come diritti assoluti e senza limiti, nell’Enciclica viene identificato come imperialismo del denaro e viene condannato come un errore, in quanto non mette l’economia al servizio dell’uomo, ma l’uomo al servizio dell’economia e uomini al servizio di altri uomini. Non si trascurò, nello stesso punto dove viene sancita la condanna di un certo liberalismo esasperato, di riconoscere come l’industrializzazione, l’organizzazione del lavoro e il progresso industriale siano stati fattori insostituibili di progresso, ma tale progresso avrebbe dovuto coinvolgere tutti gli uomini, tutte le nazioni e tutte le culture (PP n. 26).
Il Vangelo, fondato sui principi della fratellanza, non può essere orientato verso i metodi della lotta; la dottrina positiva che scaturisce dal precetto universale della ’carità’, e soprattutto l’attuazione della vita vissuta alla luce della carità, superano, anche concettualmente l’atteggiamento della lotta. La carità è un principio riconosciuto da tutte le religioni, con particolare riferimento alla religione islamica, che nella carità, come ho già precedentemente accennato, identifica uno dei cardini dell’islamismo.
Innanzitutto la carità nell’Islam non si esaurisce nel gesto di elargire un modesto contributo per la sopravvivenza a chi non dispone di nulla.
L’Occidente-America dovrà attendere la guerra civile americana tra Nord e Sud, cioè poco più di 1.000 anni, per vedere abolita questa ignominia, anche se solo sulla carta, perché la condizione di schiavitù esiste ancora oggi anche se non riconosciuta come tale; è la condizione di quanti sono costretti ad accettare un livello di vita sub-umano, è la retribuzione sottopagata che serve a produrre il ’surplus’ destinato alle classi già più abbienti, è lo stato di degrado che emerge nei sobborghi delle metropoli dove un mondo parallelo guarda da lontano il benessere dal quale è escluso: l’esempio del ghetto di harlem a New York è quello che maggiormente colpisce, lì c’è, ancora oggi, la schiavitù del bisogno, la schiavitù della emarginazione, la schiavitù del colore della pelle che continua e dividere la popolazione americana in cittadini di serie A, cittadini di serie B e cittadini che non appartengono a nessuna serie.
A stimolare il legislatore arabo verso le scelte equilibrate è il contenuto del Corano, ispirato alla solidarietà, specialmente rivolta verso i meno fortunati. La decima, che è un’entrata dello Stato, serve anche per il consolidamento della difesa dello Stato stesso.
Non possiamo non notare che la presenza nel Corano delle disposizioni su esposte, coincide con la grande rivoluzione di Gesù, quando riconobbe il dovere di:

’… dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio’

in questa affermazione contenuta nel Vangelo, avviene la distinzione tra potere temporale, autonomo e indipendente nei campi che gli concernono e il potere spirituale che concerne la spiritualità dell’uomo con tutti i suoi contenuti.
Analizzando bene il contenuto del cardine della religione islamica, che coinvolge le strutture stesse dello Stato, possiamo affermare che l’Islam ha molto contribuito alla formazione di uno Stato sociale, dove la soddisfazione dei bisogni primari è ritenuta come un diritto paritario di tutti i cittadini. L’Occidente arriverà a riconoscere queste esigenze solo dopo la rivoluzione francese (Libertà, Uguaglianza, Fraternità), ma, più concretamente, solo dopo la promulgazione, alla fine del 1800, dell’Enciclica sociale di Leone XIII ’Rerum Novarum’, che trasferì le occasionali elargizioni dal paternalismo medioevale alla categoria dei diritti inalienabili di tutti gli uomini.
La carità islamica rappresenta, quindi, non solamente un atto di sostegno ai più bisognosi, ma acquista un significato più ampio, è la solidarietà che ogni musulmano deve manifestare concretamente verso la propria umma."



Mercoledì, 03 ottobre 2007